L'aspetto relazionale di retargeting e remarketing
Nella frenesia del marketing digitale, il retargeting e il remarketing sono spesso percepiti come mere tecniche di automazione; strumenti utili a riportare un utente sul sito, a chiudere un carrello abbandonato o a promuovere un secondo acquisto. Tuttavia, se osservate con uno sguardo più attento, queste stesse azioni raccontano molto di più: sono occasioni preziose per prendersi cura di una relazione, per non lasciare che un incontro – per quanto fugace – si dissolva nel nulla.
Ogni volta che una persona visita un sito web, interagisce con un contenuto sui social o visualizza un prodotto senza acquistarlo, ci offre un'opportunità: quella di approfondire il legame. Non è molto diverso da ciò che accade nella vita reale. Quando incontriamo qualcuno in una situazione di business e avvertiamo un interesse, un punto in comune o una possibilità di collaborazione, non lasciamo che tutto si perda nell’aria: cerchiamo il modo giusto per tornare a parlarci, per rimanere nella sua mente, per farci ricordare.
In questo senso, retargeting e remarketing non sono altro che versioni digitali di questo comportamento naturale e profondamente umano: il desiderio di riprendere il filo del discorso e di continuare una conversazione interrotta.
Ma perché questo filo non si spezzi, è fondamentale che il modo in cui decidiamo di riprenderlo rispetti lo stile, il tono e la modalità di chi abbiamo di fronte.
Qui entra in gioco un concetto chiave per chi lavora sulla qualità delle relazioni: la consapevolezza degli stili comportamentali.
Ogni individuo ha un approccio diverso al tempo, alla comunicazione, all’acquisto; ci sono persone rapide e orientate all’azione, che non sopportano troppi dettagli e vogliono arrivare al punto; altre, più riflessive, che vogliono tempo per approfondire e dati concreti su cui basare una scelta; ci sono poi persone empatiche e collaborative, che cercano coerenza e fiducia, e altre ancora che apprezzano l'entusiasmo, la leggerezza e la novità.
Applicare strategie di retargeting senza tener conto di queste sfumature è come voler parlare la stessa lingua con tutti, aspettandosi che tutti capiscano allo stesso modo.
Un retargeting fatto bene non si limita a “ricordare” un prodotto, ma si adatta al tipo di persona che lo ha visualizzato.
Pensiamo, ad esempio, a un utente che ha abbandonato il carrello dopo aver aggiunto un prodotto. Un approccio standard potrebbe essere quello di inviargli un semplice promemoria o un’offerta con uno sconto. Ma cosa succederebbe se provassimo ad adattare questo messaggio in base allo stile relazionale dell’utente?
A una persona orientata all’azione (un Go-getter, nella terminologia DISC), potremmo proporre un messaggio breve, diretto, con una scadenza chiara e una call-to-action urgente. A chi invece ha uno stile riflessivo e analitico (Examiner), potremmo inviare informazioni aggiuntive sul prodotto, recensioni di altri utenti, dati tecnici o garanzie. A una persona con uno stile relazionale (Nurturer), potremmo parlare di benefici per la famiglia, comfort e valori condivisi. E se ci troviamo di fronte a una persona creativa e sociale (Promoter), potremmo usare toni più giocosi, grafica accattivante, community e storytelling.
Personalizzare non significa solo usare il nome dell’utente nel testo; significa mostrare attenzione.
È in questo tipo di attenzione che si costruisce una relazione, anche in un ambiente apparentemente impersonale come quello di una campagna digitale.
Anche il remarketing – rivolto ai clienti già acquisiti – può diventare un potente strumento relazionale, se pensato come occasione per far sentire l'altro al centro, parte di una storia condivisa.
In questo senso, proporre contenuti esclusivi, offerte personalizzate o semplici ringraziamenti dopo un acquisto non sono tecniche, ma gesti di cura. Il remarketing può essere il “come stai?” detto a chi è già passato da noi, per sapere se è tutto andato bene, se possiamo fare qualcosa di più, se c'è qualcosa che possiamo migliorare.
Anche in questo caso, il tono e il contenuto devono rispettare la relazione costruita, e possibilmente rafforzarla.
Certo, non sempre è facile identificare lo stile relazionale di chi interagisce con i nostri contenuti digitali, ma gli strumenti a disposizione oggi – dalle segmentazioni basate sul comportamento alla possibilità di testare diverse creatività – ci aiutano a osservare e imparare. L’ascolto attivo, seppur digitale, esiste: è fatto di metriche, ma anche di interpretazione e di attenzione.
Quando si parla di “customer journey”, il percorso che ogni cliente compie da sconosciuto a promotore del nostro brand, spesso ci si concentra solo sulle tappe – l’awareness, la considerazione, la decisione – senza soffermarsi abbastanza sul tono della voce che accompagna quel viaggio.
Il tono non è un dettaglio: è la differenza tra una presenza percepita come utile e una come invadente, tra un brand che si fa ricordare con piacere e uno che viene ignorato.
Un retargeting rispettoso, un remarketing gentile, non solo aumentano la possibilità di una conversione, ma lasciano un’impressione positiva.
È qui che entra in gioco un altro concetto chiave del lavoro sulle relazioni: la fiducia.
Ogni messaggio è un’opportunità per costruirla – o per perderla.
Spingere troppo, essere ripetitivi, usare linguaggi distanti o troppo “spinti” può far percepire il brand come ansioso, interessato solo alla vendita. Al contrario, un approccio calibrato, coerente e rispettoso trasmette solidità, serietà, attenzione.
Una relazione di fiducia nasce anche da come si gestiscono i silenzi: non serve essere sempre presenti, ma esserci nel momento giusto, con il messaggio giusto.
In conclusione, parlare di retargeting e remarketing solo in termini tecnici – ROI, tassi di conversione, automazioni – è riduttivo.
Questi strumenti sono sì fondamentali nella strategia digitale, ma diventano veramente efficaci quando vengono integrati in un’ottica relazionale.
Ogni interazione è una possibilità per dimostrare che dietro un’azienda ci sono persone, valori e un desiderio autentico di entrare in relazione con l’altro, con rispetto, attenzione e cura.
Forse, nel prossimo messaggio che scriveremo a chi ha lasciato un prodotto nel carrello o che ha già comprato da noi, potremmo provare a chiederci non solo “come vendergli qualcosa”, ma “come possiamo continuare a nutrire la relazione”.
Perché nella relazione – anche quella digitale – è dove tutto comincia. E dove può davvero crescere.
Articoli correlati

Significato e valore del tempo di qualità

Camminare insieme, ma come?
